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Gender Gap in Italia: cos’è e come siamo messi?

Con il termine Gender Gap si intende la differenza nella retribuzione oraria lorda media tra donne e uomini che, dati alla mano, risulta essere praticamente sempre a svantaggio delle prime.
Scritto da:
Alessandro Spoto
Aiutante:
Anna Cittadoni
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Nel 2023 il premio Nobel è stato assegnato a Claudia Goldin, economista statunitense, che nella sua lunga carriera accademica si è occupata di Gender Gap.

Con il termine Gender Gap, o più precisamente Gender Pay Gap, si intende la differenza nella retribuzione oraria lorda media tra donne e uomini che, dati alla mano, risulta essere praticamente sempre a svantaggio delle prime. (Sole 24 Ore)

Il Gender Gap – secondo la stessa Goldin – si troverebbe però al suo “Last Chapter”, dato che in questo secolo i ruoli di donne e uomini andranno sempre di più a unificarsi, e con loro i rispettivi salari.

Un secolo però è lungo e non si può aspettare immobili.

Capiamo quindi insieme quali sono, ad oggi, i numeri riguardo al Gender Gap e perché, nonostante il trend sia positivo, sono ancora molto negativi.

Gender Gap: divario retributivo.

I dati dell’INPS parlano chiaro: il guadagno medio per il genere maschile è di 26.000 euro all’anno contro i 18.000 per il genere femminile. (INPS)

Questo vuol dire in media 8.000 euro all’anno in meno per le donne.

Questo non avviene solo in Italia. Nell’UE il divario di genere è pari al 13%. Ciò significa che per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna percepisce solo 0,87 euro.

Mentre in Europa però il divario retributivo si restringe, in Italia è rimasto uguale negli ultimi anni o al massimo in lieve decrescita.

Gender Gap: le cause.

Le cause del Gender Gap sono svariate, vediamole una per una:

Lavoro part-time.

Mentre solo 2.000.000 di uomini hanno un contratto di lavoro part-time in Italia, questo numero raggiunge ben 3.500.000 donne.

La causa principale è che le donne hanno spesso un carico di lavoro “non pagato” maggiore. Il lavoro non pagato è tutto quel lavoro che si fa in casa o comunque per la gestione del nucleo familiare.

Persone inattive.

Un’altra parte importante del problema sta nelle persone a salario zero, ovvero quelle persone che pur essendo in età lavorativa non sono occupate né disoccupate ma restano fuori dal mercato del lavoro.

Ne fa parte il 26% della popolazione maschile, ma il 44% di quella femminile. (Eurostat 2021)

Promozioni.

Le promozioni sono più agevoli per gli uomini.

La maggior parte delle lavoratrici ricopre ruoli entry-level, con solo un terzo di loro che ricopre ruoli di leadership. (Corriere della Sera)

Settori meno retribuiti.

Un altro fattore che contribuisce al divario di genere in termini di retribuzione è la maggiore concentrazione femminile in ambiti lavorativi che generalmente offrono stipendi più bassi, quali il settore dell’assistenza, della sanità e dell’educazione.

Gender Gap: un problema di tutti.

Secondo le stime dell’Ocse, se il contributo economico delle donne raggiungesse la parità con quello degli uomini entro il 2025, il prodotto interno lordo annuo globale aumenterebbe del 26%, corrispondente a 28 trilioni di dollari.

Un aumento di presenza femminile nel mondo del lavoro non sarebbe solo un grande traguardo sociale, ma anche economico!

Viene anche chiamato “Giacimento di PIL potenziale”, ed è l’insieme di tutte quelle attività che si potrebbero sviluppare se tutte le persone in età da lavoro fossero occupate.

Se raggiungessimo il traguardo fissato dal Trattato di Lisbona – occupazione femminile al 60 per cento – il nostro Prodotto interno lordo aumenterebbe del 7%.

Se l’Italia passasse dal dato attuale di occupazione femminile (46,1%) alla media dell’area Euro (58,1%) si produrrebbe un incremento della ricchezza nazionale (Pil) pari a quella che abbiamo faticosamente accumulato in dodici anni dal 1998 al 2010.

Conclusioni

Nelle sue ricerche Claudia Goldin ha espresso fiducia nel processo di assottigliamento del Gender Gap, dicendo addirittura “le donne hanno già vinto” perché il cambiamento è inevitabile.

Una delle soluzioni che propone è quella di cambiare visione sul “lavoro avido”, il modello più diffuso di lavoro oggi, dove sono richiesti orari eccessivi e disponibilità 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Questo tipo di lavoro non permette una vita familiare sana e un equilibrio vita-lavoro adeguato. E questo -ahinoi – la maggior parte delle volte ricade sulle donne.

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